I disturbi mentali maggiormente diffusi tra le donne

25/07/2025
Benessere e Salute
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Marta ha 42 anni, è manager in una multinazionale e madre di due figli. Le sue giornate iniziano presto, tra colazioni da preparare e chat scolastiche da seguire. In ufficio, tra e-mail urgenti, riunioni in presenza e call su Zoom, non ha mai un attimo di pausa. A casa la aspettano lavatrici da fare, compiti da controllare, cene da organizzare. I commenti sessisti mascherati da ironia, le richieste impossibili dei superiori e il costante multitasking l’hanno portata a soffrire di insonnia, palpitazioni e scatti d’ira. Dopo mesi, il suo medico le ha diagnosticato un disturbo d’ansia generalizzato.

Marta è solo una delle tante donne che si trovano a pagare un prezzo invisibile ma altissimo in termini di salute mentale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 5% della popolazione adulta convive con una forma di depressione, ma nelle donne il rischio è quasi doppio.

Nei Paesi dell’Unione Europea, più di una donna su cinque presenta un disturbo di tipo internalizzante – come ansia, depressione o fobie – rispetto al 14% degli uomini. Dietro questi numeri si nasconde un sistema in cui le donne sono esposte a pressioni costanti, carichi familiari e sociali non riconosciuti, disuguaglianze strutturali e aspettative culturali che lasciano poco spazio alla cura di sé.

L’impatto si traduce in sintomi psicologici e fisici: tachicardia, dolori muscolari, disturbi gastrointestinali, pensieri ossessivi, sensi di colpa cronici. Per troppe, questi segnali vengono ignorati o sottovalutati, spesso mascherati da stress o somatizzati nel corpo.

I disturbi più comuni: ansia, depressione e traumi legati al genere

Le donne sono maggiormente soggette a disturbi mentali rispetto agli uomini, sia per fattori biologici che per condizioni ambientali e sociali. Tra i più diffusi, i disturbi d’ansia occupano un posto centrale. Si manifestano attraverso sintomi come tachicardia, sudorazione, dolori muscolari, disturbi gastrointestinali, insonnia e un senso costante di allerta. Il disturbo d’ansia generalizzato (GAD) si presenta con preoccupazioni persistenti, difficoltà di concentrazione e irritabilità cronica, spesso scambiata per carattere o stress passeggero. Gli attacchi di panico, invece, colpiscono in modo improvviso con un senso di morte imminente, fiato corto e senso di derealizzazione.

Un’altra patologia molto frequente tra le donne è la depressione maggiore, che può esordire in età adulta ma anche in fasi delicate della vita come il post-partum o la menopausa. I sintomi includono tristezza profonda, perdita di interesse, isolamento sociale, difficoltà a dormire o dormire troppo, mancanza di energia, bassa autostima e un senso di colpa paralizzante. Non è raro che questi segnali vengano minimizzati, attribuiti a stanchezza o a uno “squilibrio ormonale”, senza una vera valutazione clinica.

Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) colpisce in modo trasversale, ma nelle donne ha spesso radici in esperienze di violenza di genere, abusi sessuali, maltrattamenti psicologici o fisici. I sintomi possono essere debilitanti: flashback, evitamento di situazioni che ricordano il trauma, ipervigilanza e senso di colpa legato all’evento subito. La paura dello stigma o la mancanza di supporto possono rendere difficile la richiesta di aiuto.

Un capitolo a parte riguarda i disturbi del comportamento alimentare, come anoressia, bulimia e bingeeatingdisorder. Questi colpiscono il 90% delle volte le donne, soprattutto in età adolescenziale e nei momenti di crisi. Al di là della perdita o dell’aumento di peso, questi disturbi rappresentano una forma di controllo sul corpo in risposta a pressioni esterne, ansia e insicurezza.

Infine, c’è la depressione perinatale, una forma di disagio emotivo che interessa circa una madre su sette. Può emergere durante la gravidanza o dopo il parto, ed è spesso confusa con il baby blues, sottovalutandone la gravità. Le donne colpite si sentono inadeguate, sopraffatte, spaventate dal legame con il neonato e bloccate in un vortice di angoscia e senso di colpa. Anche in questo caso, la retorica della “maternità felice” può impedire una diagnosi tempestiva.

Ormoni, ruoli e stigma: perché le donne si ammalano di più

La maggiore incidenza dei disturbi mentali nelle donne è il risultato di una rete complessa di fattori biologici, pressioni sociali e disuguaglianze strutturali. Gli ormoni femminili giocano un ruolo importante nella regolazione dell’umore. Fasi come la pubertà, il ciclo mestruale, la gravidanza, il post-partum e la menopausa influenzano direttamente l’equilibrio neurochimico, rendendo le donne più vulnerabili a oscillazioni emotive e a stati depressivi o ansiosi. Tuttavia, ridurre tutto alla sola biologia sarebbe una semplificazione pericolosa.

Il carico mentale e pratico che ricade sulle donne è spesso invisibile ma continuo. Le responsabilità familiari, la cura di figli e anziani, l’organizzazione domestica e la gestione emotiva della vita di coppia rappresentano un secondo lavoro gratuito, raramente riconosciuto e spesso dato per scontato. Anche le donne con una carriera attiva, come Marta, si trovano intrappolate tra produttività e cura, senza possibilità di recupero o spazi personali.

A questo si aggiungono le disuguaglianze sul lavoro: salari inferiori, ostacoli alla promozione, contratti più instabili e ambienti professionali in cui sessismo e micro-aggressioni sono all’ordine del giorno. Non è raro che una donna venga messa in discussione solo perché madre, emotiva o troppo ambiziosa. Queste esperienze possono accumularsi nel tempo e contribuire allo sviluppo di disagio psicologico.

Uno dei problemi più gravi è rappresentato dai bias diagnostici. I sintomi femminili vengono spesso letti in modo distorto: ciò che in un uomo è ansia, in una donna viene scambiato per esaurimento nervoso. Il dolore cronico, la stanchezza estrema, i disturbi gastrointestinali o l’insonnia vengono etichettati come somatizzazioni senza indagare la radice psicologica del problema. In alcuni casi, si arriva a diagnosi sbagliate o a cure farmacologiche inappropriate. È qui che entra in gioco il lavoro dei centri nazionali di psicologia, che si pongono l’obiettivo di offrire percorsi clinici fondati su una lettura attenta del genere, con approcci differenziati e protocolli costruiti su misura.

L’impatto dello stigma, infine, è spesso paralizzante. Chiedere aiuto è vissuto da molte donne come una sconfitta, un segno di debolezza. La narrazione sociale impone modelli di forza e resistenza, alimentando il senso di colpa e il silenzio. Eppure, la fragilità non è debolezza: è un segnale da ascoltare, un’espressione autentica della necessità di cura.

Segnali da non ignorare e risorse gratuite per chiedere aiuto

I disturbi mentali, soprattutto tra le donne, possono insinuarsi lentamente nella quotidianità, fino a diventare parte integrante della vita senza essere riconosciuti come tali. Spesso si inizia con una stanchezza che non passa, una sensazione di tensione costante o difficoltà a dormire. Quando questi segnali persistono, è importante non normalizzarli. L’insonnia cronica, ad esempio, non è solo una conseguenza dello stress, ma può essere un campanello d’allarme per ansia o depressione. Anche il cambiamento dell’appetito, la perdita di interesse per attività un tempo gratificanti, l’abuso di alcol o farmaci per “staccare la testa” sono indicatori che qualcosa si è incrinato nel benessere psicologico.

Molte donne tendono a giustificare questi segnali come momenti passeggeri, carichi stagionali o “colpi di stanchezza”. Ma quando il corpo e la mente iniziano a dare segnali ripetuti, non ascoltarli può diventare pericoloso. Accettare di avere bisogno di aiuto è un atto di responsabilità verso sé stesse e chi ci sta accanto. Non si tratta di essere forti o deboli, ma di riconoscere che la salute mentale è parte integrante della salute generale.

Fortunatamente, oggi esistono risorse gratuite e accessibili che possono rappresentare un primo passo verso il cambiamento. Il numero verde 1522, attivo 24 ore su 24, offre supporto a chi subisce violenza fisica o psicologica, anche in forma anonima. I centri di salute mentale pubblici, presenti in ogni territorio, mettono a disposizione professionisti qualificati per percorsi psicologici individuali e di gruppo. Alcune app di self-help validate scientificamente permettono di monitorare il proprio umore, gestire gli attacchi d’ansia e apprendere tecniche di rilassamento in autonomia.

Un ruolo chiave lo stanno giocando anche i centri nazionali di psicologia, che attraverso piattaforme online permettono alle donne di accedere a consulenze specialistiche in modo semplice e tempestivo, anche da casa. Grazie alla telemedicina, molte barriere economiche e logistiche vengono abbattute, consentendo di iniziare un percorso di supporto senza dover attendere mesi o affrontare spostamenti difficili.

Trovare il coraggio di fare il primo passo può sembrare complicato, ma è proprio da lì che comincia il recupero. Dare voce al disagio è il primo atto concreto per tornare a vivere, non solo a sopravvivere.

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